Che cos è il Dark Social e perché non dovresti ignorarlo
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I link che finiscono nel Dark Social, invece, non contengono dati di referrer. Esempi molto comuni sono ad esempio i link copiati e incollati in email, messaggi di testo o app di instant messaging (come dicevamo prima). In questi casi non vi sono tag attaccati all’URL in modo automatico, a meno che il link incollato già non contenesse il tag (può capitare quando copi e incolli ad esempio il link che hai trovato in un tweet). E quando controlli le sorgenti di traffico verso il tuo sito, ti sei mai chiesto cosa si intende per traffico “diretto” in Analytics? Risulta alquanto difficile immaginare che migliaia di utenti abbiano digitato nel browser esattamente “https://blog.hootsuite.com/quick-tips-for-creating-social-videos/”, no? Google Analytics lo chiama “direct”, ma con ogni probabilità si tratta di traffico che deriva proprio dal Dark Social. Sei ancora sicuro di voler ignorare questo fenomeno?
Che cos’ è il Dark Social e perché non dovresti ignorarlo
Hai mai sentito parlare di Dark Social? Se ti occupi di contenuti, marketing e social media, leggi perché non dovresti assolutamente ignorarlo. Conosci il fenomeno del Dark Social? Sicuramente sì, ma forse non lo sai La situazione è questa: sei al lavoro, subito dopo la pausa pranzo. Hai esagerato un po’ con la porzione di lasagne, e la macchinetta del caffè è fuori uso. Rimetterti subito al portatile è l’ultima cosa che vorresti fare. Magari puoi iniziare a guardare se è arrivata qualche nuova email. Niente. Neanche la casella dello spam ti dà soddisfazione. Bisogna trovare qualcos’altro da fare, almeno per dieci minuti. Per staccare un attimo prima di ricominciare (!), sai benissimo qual è la soluzione. È il momento di dare un’occhiata a qualcosa di divertente. Puoi farti un giro sulla pagina del Milanese Imbruttito, oppure su quel sito che parla di cani e ha sempre decine di foto buffissime di cuccioli. Come si chiama? BarkPost? Sì, eccolo. Però, visto che sei in ufficio alla tua scrivania, meglio non dare troppo nell’occhio. Gradualmente, sposti sempre di più il monitor verso di te per evitare che qualcuno ti veda. I tuoi fantastici dieci minuti di break non ti hanno deluso. Tre foto di Jack Russell, due di Maltesi, altre due di Maremmani – tutti alle prese con esilaranti (dis)avventure domestiche: scaricate. Poi ti sei soffermato su di lui: l’articolo il cui titolo è proprio di quelli da nascondere doppiamente in ufficio: “Cambio vita e mollo tutto: la (dura) realtà di chi decide di dire no all’office”. Di sicuro non potevi aprirlo lì seduto di fianco al tuo capo. Soluzione? Hai copiato furtivamente l’URL e l’hai incollato con nonchalance nel corpo di un’email. Per rimanere in tema, ovviamente, è seguito un silenzioso ma prolungato Taac mentale. Anche se non ne avevi minimamente idea, quello è Dark Social.Che cos’ è il Dark Social
Il Dark Social è la condivisione di contenuti attraverso canali privati, come tool e app di instant messaging o email. Il termine è stato coniato da Alex Madrigal, in un articolo del 2012 pubblicato su The Atlantic. Un concetto relativamente recente e sicuramente “oscuro” ai più (appunto), ma allo stesso tempo un fenomeno di dimensioni impressionanti e in realtà piuttosto datato. Per i consumatori, l’84% della condivisione dei contenuti dai siti di marketer e publisher avviene proprio attraverso il Dark Social. Ciò significa che tracciare una quantità enorme di contenuti diventa molto – ma molto – più complicato. Si tratta di traffico che non è infatti attribuibile ad una fonte rintracciabile, come può essere un social o la Google search. Quando condividiamo un link attraverso i social media il discorso è ben diverso, perché con i tool giusti possiamo avere un’idea pressoché esatta del percorso che fanno. Non con il Dark Social. Vale forse la pena allora, per chi si occupa di contenuti, marketing e social media, capire meglio di cosa si tratta. E possibilmente correre presto ai ripari.I canali di diffusione più utilizzati nel Dark Social
App di messaggistica – come WhatsApp, WeChat, e Facebook Messenger Email – per motivi di privacy, i referrer non sono visibili App mobili native – come ad esempio Facebook o Instagram Secure browsing – se clicchi da HTTPS a HTTP il referrer non sarà trasferito Ok. Ora sembra un po’ più…complicato, vero? Facciamo un esempio. Se volessi condividere questo blog post su Twitter attraverso il widget di fianco all’articolo, si aprirebbe una finestra con il link da condividere e noteresti probabilmente il tag finale nell’URL “percent2F&source=Shareaholic&related=shareaholic”. Significa che il referrer dell’articolo è un tool di social sharing che appartiene alla pagina stessa del post. Se invece cliccassi su un link presente in un tweet, troveresti un URL con questo tag: “&utm_medium=social&utm_source=twitter”, che indica appunto che il referrer è originato su Twitter. Molto probabilmente, questo è il tag di referral che ti sarà capitato di vedere più spesso, e si chiama codice o parametro UTM. See how URL shorteners are the unsung hero of social media marketing: http://t.co/o7IoGkfyYU pic.twitter.com/btPaGmXaMH — Hootsuite (@hootsuite) 19 dicembre 2014I link che finiscono nel Dark Social, invece, non contengono dati di referrer. Esempi molto comuni sono ad esempio i link copiati e incollati in email, messaggi di testo o app di instant messaging (come dicevamo prima). In questi casi non vi sono tag attaccati all’URL in modo automatico, a meno che il link incollato già non contenesse il tag (può capitare quando copi e incolli ad esempio il link che hai trovato in un tweet). E quando controlli le sorgenti di traffico verso il tuo sito, ti sei mai chiesto cosa si intende per traffico “diretto” in Analytics? Risulta alquanto difficile immaginare che migliaia di utenti abbiano digitato nel browser esattamente “https://blog.hootsuite.com/quick-tips-for-creating-social-videos/”, no? Google Analytics lo chiama “direct”, ma con ogni probabilità si tratta di traffico che deriva proprio dal Dark Social. Sei ancora sicuro di voler ignorare questo fenomeno?